“Dovrebbe venire con noi,”
disse uno dei due agenti, due donne del tutto anonime in uniforme
nera, armate di pistole di grosso calibro.
Boris sbattè le palpebre un
paio di volte.
“Potreste dirmi di che cosa
si tratta?”, chiese, cercando di conferire alla sua voce un tono
ragionevole e deciso allo stesso tempo.
“Preferiamo non parlare a
questo stadio del procedimento,” gli fu risposto in tono freddo e
meccanico. Del resto, non avrebbe nemmeno saputo dire chi delle due
avesse parlato, tanto erano simili nel modo di muoversi se non
nell’aspetto fisico.
Boris continuò a camminare,
cercando suo malgrado un pretesto per poter continuare a parlare, per
ottenere delle informazioni che in seguito avrebbero potuto essergli
utili, ma la sua mente non riusciva a concentrarsi su niente. Una
parte di lui voleva che l’intero procedimento venisse accelerato il
più possibile, in modo che anche quell’incubo finisse il più
presto possibile.
Boris venne condotto, dopo un
breve viaggio in un furgone nero, al’interno di una centrale di
polizia, una sede periferica. Dopo qualche minuto si ritrovo nella
classica stanza degli interrogatori.
Boris iniziò a parlare per
primo:
“Sentite, io non so di che
cosa si tratta, ma io…”
La prima donna lo interruppe
con voce energica ma stranamente incolore:
La risposta arrivò rapida
come un treno espresso. E altrettanto schiacciante.
“Signor Holtz, lei è
colpevole di associazione a delinquere.”
“Associazione a
delinquere…”
“Con l’aggravante della
finalità di terrorismo.”
“Ma questo è impossibile…
non potete accusarmi proprio di questo… io sono contro queste
genere di cose!” urlò Boris.
Le due donne si guardarono,
si alzarono in piedi e Boris si ritrasse. Però si limitarono a
uscire. Prima però, una di loro mise davanti a lui un bicchier
d’acqua e una pastiglia bianca.
“E questo che cazzo vuol
dire?”
“È l’unico modo che ha
per procurarsi una via d’uscita onorevole.”
“Le consiglio di usarla.”
Lo avevano lasciato seduto in
quella stanza gelida per una buona mezz’ora, le braccia ritorte
dietro la schiena e i polsi legati con delle manette d’acciaio.
Boris aveva dovuto lasciare che la sua mente vagasse per conto suo in
quello che sembrava un mare di nebbia popolato da figure deformi.
Soltanto verso la fine aveva deciso che fino a quel punto era stato
troppo passivo, che doveva assolutamente reagire, far valere i propri
diritti, urlare la sua innocenza. In fondo, la vera cosa orribile di
quell’incubo era proprio che fino a quel punto loro, quei mostri
vestiti di nero armati fino ai denti, non si erano mostrati per
niente ostili, a parte un paio di occasioni: era stato lui a non
essere in grado di reagire, come se fosse completamente alla loro
mercé. Ma d’ora in avanti…
“Bene,
signor Holz. Nel frattempo, ci siamo accorti che lei ha una multa
inevasa per essere stato sorpreso con un faro rotto della sua
macchina.”
“Questo
non è vero.”
“La
sua auto è una Opel Astra?”
“Un’Opel
Astra targata FG567HH?”
“Sì,
ma…”
“La
targa corrisponde. E visto che lei non ha pagato la multa entro il
tempo prescritto, lei potrebbe essere sottoposto a un processo
penale.”
“Risultato:
da uno a tre anni di reclusione più il doppio della multa.”
“Da
uno a tre anni di galera per un faro rotto?”
“Quindi
ammette che lei è stato sorpreso con un faro rotto.” Ancora quel
tono incolore, odioso.
“No,
io…”
“E
comunque è la pena prevista dal Nuovo Codice Unificato, art. 789.”
“Sarebbe
suo dovere conoscere le leggi del suo Stato.”
“Ma
io conosco benissimo il Nuovo Codice Unificato. E questa vostra
affermazione non è altro che un’interpretazione del tutto
forzata…”
“Ma
pur sempre possibile,” mormorò una delle due donne.
“Signor
Holz: lei deve solo darci i nomi dei suoi capi.”
“E
potrà tornarsene a casa stasera stessa.”
“Io
non so niente. E voi non avete niente, assolutamente niente contro di
me. Se non volete fare una figura di merda, sarà meglio che mi
lasciate andare subito. Perché io sono innocente.”
“È
suo diritto affermarlo.”
“È
nostro dovere trovare altri riscontri.”
Lo
lasciarono lì seduto per due ore, le braccia ritorte dietro la
schiena e i polsi legati con delle manette d’acciaio.
Le
due donne poliziotto rientrarono. Si sedettero e posarono sul tavolo
una pistola e del materiale di propaganda.
“Questi
oggetti sono usciti durante la perquisizione di casa sua.”
“Cosa
ha da dirci, signor Holz?”
“Che
cosa ho da dirvi? Che è una sporca, una lercia bugia! Non c’è mai
stato questo materiale a casa mia! Mai!”
“Signor
Holz, noi abbiamo effettuato la perquisizione.”
“E
abbiamo trovato questo materiale. Questa è la verità.”
“Del
resto, siamo noi che decidiamo che cos’è la verità.”
“Voi
avete messo apposta questo materiale per incriminarmi! Esattamente
come quella cazzata del faro rotto!”
“Le
consigliamo di evitare di lanciare queste accuse.”
“Sta
soltanto peggiorando la sua posizione.”
“Art.
900 del Nuovo Codice Unificato.”
“Offesa
a pubblico ufficiale: da cinque a dieci anni di reclusione.”
Holz
annuì. Quella non era un’interpretazione: era la legge.
“Sentite,
facciamo una cosa: c’è una persona che può testimoniare che io ho
sempre parlato contro eversori e terroristi. E che mi sono sempre
comportato di conseguenza.”
“Bene,
signor Holz. Le verremo incontro.”
“Parleremo
con questa persona.”
“Intanto però, ci pensi a
quell’opzione. Insieme a questa.” Gli gettò il foglio che era
andata scrivendo.
“Che cos’è?”
“Cosa crede che sia? La sua
confessione.”
“Ma io non ho fatto niente
di male…”
“Non ha fatto niente di
male neanche quando ci ha accusa di voler inquinare le indagini?”
Lo
lasciarono lì seduto per due ore, le braccia ritorte dietro la
schiena e i polsi legati con delle manette d’acciaio.
“Lei
ci ha fatto solo perdere tempo.”
“Il
suo amico è scomparso.”
“Scomparso?
Scomparso? Ma voi state scherzando…”
“Le
sembra che stiamo scherzando.”
“Voi
avete fatto sparire il mio amico! Ma perché? Volete mettervi in
quella testa di cazzo che io sono innocente?”
“Se
anche lo era, adesso non lo è più, signor Holz.”
“Art.
900 del Nuovo Codice Unificato, ricorda?”
“Offesa
a pubblico ufficiale: da cinque a dieci anni di reclusione.”
“Va
bene, va bene, avete vinto, d’accordo? Mi ritiro! Mi ritiro!”
“Congratulazioni,
signor Holz, ha resistito parecchio.”
“E
ha anche guadagnato una discreta somma, non è vero?”
Più
tardi, mentre lo accompagnavano fuori dalla centrale, in realtà una
palazzina in periferia del tutto anodina, le due poliziotte avevano
voglia di parlare. Erano evidentemente contente di aver spezzato le
difese di Holz,
“Davvero,
dobbiamo scusarci, signor Holz, abbiamo sbagliato a mettere quella
storia della pastiglia in campo… non era previsto. Era comunque una
semplice caramella, ovviamente.”
“Non
c’è problema.”
“Nondimeno,
i nostri esperti hanno trovato molto utile questa esercitazione. Dopo
un’adeguata elaborazione dei dati raccolti, la nostra efficienza
nell’individuare i fiancheggiatori di questi terroristi crescerà
ancora.”
“Ne
sono lieto.”
domanda
Holz
passò davanti alla sua auto, che non aveva mai avuto un faro rotto.
Entrò a casa sua, che era esattamente identica a come l’aveva
lasciata. Si sentì un po’ strano, ma sollevò la cornetta e
telefonò al suo amico. Riappese non appena sentì la sua voce.
Andò
alla finestra.
Dalla
tasca, estrasse la caramella che gli avevano consegnato. La osservò
per qualche secondo, poi la buttò dalla finestra. Guarda il codice
Poi,
si arrampicò sul davanzale e si gettò nel vuoto.
“Dovrebbe venire con noi,”
disse uno dei due agenti, due donne del tutto anonime in uniforme
nera, armate di pistole di grosso calibro.
Boris sbattè le palpebre un
paio di volte.
“Potreste dirmi di che cosa
si tratta?”, chiese, cercando di conferire alla sua voce un tono
ragionevole e deciso allo stesso tempo.
“Non siamo autorizzate a
parlare in questo stadio del procedimento,” gli fu risposto da una
in tono freddo e meccanico. Del resto, non avrebbe nemmeno saputo
dire chi delle due avesse parlato, tanto erano simili nel modo di
muoversi se non nell’aspetto fisico.
Boris continuò a camminare,
cercando suo malgrado un pretesto per poter continuare a parlare, per
ottenere delle informazioni che in seguito avrebbero potuto essergli
utili, ma la sua mente non riusciva a concentrarsi su niente. Una
parte di lui voleva che l’intero procedimento venisse accelerato il
più possibile, in modo che anche quell’incubo finisse il più
presto possibile.
Boris venne condotto, dopo un
breve viaggio in un furgone nero, al’interno di una centrale di
polizia, una sede periferica. Dopo qualche minuto si ritrovò nella
classica stanza degli interrogatori.
Boris iniziò a parlare per
primo:
“Sentite, io non so di che
cosa si tratta, ma io…”
La prima donna lo interruppe
con voce energica ma stranamente incolore, e la risposta arrivò
rapida come un treno espresso. E altrettanto schiacciante.
A - “Signor Holtz, lei è
colpevole di associazione a delinquere.”
“Associazione a
delinquere…”
A - “Con l’aggravante
della finalità di terrorismo.”
“Ma questo è impossibile…
non potete accusarmi proprio di questo… io sono contro queste
genere di cose!” urlò Boris.
Le due donne si guardarono,
si alzarono in piedi e Boris si ritrasse. Però si limitarono a
uscire. Prima però, una di loro lasciò andare avanti l’altra e
tornò sui suoi passi. Boris rimase immobile. Lei gli mise davanti a
lui un bicchier d’acqua e una pastiglia bianca.
“E questo che cazzo vuol
dire?”
“È l’unico modo che ha
per procurarsi una via d’uscita onorevole.” Gli diede un’occhiata
quasi consolatoria.
“Le consiglio di usarla.”
Lo avevano lasciato seduto in
quella stanza gelida per una buona mezz’ora, le braccia ritorte
dietro la schiena e i polsi legati con delle manette d’acciaio.
Boris aveva dovuto lasciare che la sua mente vagasse per conto suo in
quello che sembrava un mare di nebbia popolato da figure deformi.
Soltanto verso la fine aveva deciso che fino a quel punto era stato
troppo passivo, che doveva assolutamente reagire, far valere i propri
diritti, urlare la sua innocenza. In fondo, la vera cosa orribile di
quell’incubo era proprio che fino a quel punto loro, quei mostri
vestiti di nero armati fino ai denti, non si erano mostrati per
niente ostili: era stato lui a non essere in grado di reagire, come
se fosse completamente alla loro mercé. Ma d’ora in avanti…
A
- “Bene, signor Holz. Nel frattempo, ci siamo accorti che lei ha
una multa inevasa per essere stato sorpreso con un faro rotto della
sua macchina.”
“Questo
non è vero.”
A
- “La sua auto è una Opel Astra?”
B
- “Un’Opel Astra targata FG567HH?”
“Sì,
ma controllate il mio account alla Motorizzazione, con la mia
password, che è b6r5sh63z. E vedrete che la mia patente è ancora
immacolata.”
A
- “La targa corrisponde. È proprio lì che avevamo controllato. E
sapevamo già anche la sua password.”
B-
“Sappiamo tutte le password, che crede?”
A
- “E visto che lei non ha pagato la multa entro il tempo
prescritto, lei potrebbe essere sottoposto a un processo penale.”
B
- “Risultato: da uno a tre anni di reclusione più il doppio della
multa.”
“Da
uno a tre anni di galera per un faro rotto?”
A
- “Quindi ammette che lei è stato sorpreso con un faro rotto.”
Ancora quel tono incolore, odioso.
“No,
io…”
A
- “E comunque è la pena prevista dal Nuovo Codice Unificato, art.
789. ”
B
- “Sarebbe suo dovere conoscere le leggi del suo Stato.”
“Ma
io conosco benissimo il Nuovo Codice Unificato. E questa vostra
affermazione non è altro che un’interpretazione del tutto
forzata…”
B
-
“Ma pur
sempre possibile,” mormorò una delle due donne.
A
- “Signor Holz: lei deve solo darci i nomi dei suoi capi.”
B
- “E potrà tornarsene a casa stasera stessa.”
“Io
non so niente. E voi non avete niente, assolutamente niente contro di
me. Se non volete fare una figura di merda, sarà meglio che mi
lasciate andare subito. Perché io sono innocente.”
B
- “È suo diritto affermarlo.”
A
- “È nostro dovere trovare altri riscontri.”
Lo
lasciarono lì seduto per due ore, le braccia ritorte dietro la
schiena e i polsi legati con delle manette d’acciaio.
Le
due donne poliziotto rientrarono. Si sedettero e posarono sul tavolo
una pistola e del materiale di propaganda.
B
- “Questi oggetti sono usciti durante la perquisizione di casa
sua.”
A
- “Cosa ha da dirci, signor Holz?”
“Che
cosa ho da dirvi? Che è una sporca menzogna! Non c'è mai stato
niente del genere a casa mia! Mai!”
B
- “Signor Holz, abbiamo effettuato noi la perquisizione.”
A
- “E abbiamo trovato questo materiale. Questa è la verità. E del
resto, siamo noi che decidiamo che cos’è la verità.”
“Voi
avete messo apposta questo materiale per incriminarmi! Esattamente
come quella cazzata del faro rotto!”
A-
“Le consigliamo di evitare di lanciare queste accuse.”
B
- “Sta soltanto peggiorando la sua posizione.”
A
- “Art. 900 del Nuovo Codice Unificato: offesa a pubblico
ufficiale, da cinque a dieci anni di reclusione.”
Holz
annuì, poi scosse la testa. Quella non era un’interpretazione: era
la legge.
“Sentite,
facciamo una cosa: c’è una persona che può testimoniare che io ho
sempre parlato contro eversori e terroristi. E che mi sono sempre
comportato di conseguenza.”
B
- “Bene, signor Holz. Le verremo incontro, parleremo con questa
persona.”
A - “Intanto però, ci
pensi a quell’opzione. Insieme a questa.” Gli gettò il foglio
che era andata scrivendo.
“Che cos’è?”
A - “Cosa crede che sia? La
sua confessione.”
“Ma io non ho fatto niente
di male…”
A - “Non ha fatto niente di
male neanche quando ci ha accusa di voler inquinare le indagini?”
(B
- “E pensare che sarebbe così semplice uscirne... parli con noi e
vedrà che una soluzione si trova. Se continua così invece...)
Lo
lasciarono lì seduto per due ore, le braccia ritorte dietro la
schiena e i polsi legati con delle manette d’acciaio.
A-
“Lei ci ha fatto solo perdere tempo. Il suo amico è scomparso.”
“Scomparso?
Scomparso? Non può essere! Ma voi state scherzando…”
A
- “Le sembra che stiamo scherzando?”
“Voi
avete fatto sparire il mio amico! Ma perché? Volete mettervi in
quella testa di cazzo che io sono innocente?”
A
-“Se anche lo era, adesso non lo è più, signor Holz.”
B
- “Art. 900 del Nuovo Codice Unificato, ricorda?”
A
- “Offesa a pubblico ufficiale: da cinque a dieci anni di
reclusione.”
“Va
bene, va bene, avete vinto, d’accordo? Mi ritiro! Mi ritiro!”
A
- “Congratulazioni, signor Holz, ha resistito parecchio.”
B
- “E ha anche guadagnato una discreta somma, direi. Adesso sarà
contento. Come si sente?”
“Benissimo,
solo una po' deluso, pensavo che ci avreste messo di più a
verificare i miei orientamenti politici attraverso il mio amico,
quando mi avete detto che è scomparso mi sono trovato con le spalle
al muro.
A
- “Beh, è questo che dobbiamo fare, no?”
B
- “Anche la persona più innocente del mondo può essere
incastrata, e dalle proprie stesse parole.”
“Lo
sapevo benissimo, era esattamente quello a cui mi ero preparato a
resistere.”
Più
tardi, mentre lo accompagnavano fuori dalla centrale, in realtà una
palazzina in periferia del tutto anodina, le due poliziotte avevano
voglia di parlare. Erano evidentemente contente di aver spezzato le
difese di Holz.
“Davvero,
dobbiamo scusarci, signor Holz, abbiamo sbagliato a mettere quella
storia della pastiglia in campo… non era previsto. Era comunque una
semplice caramella, ovviamente.”
“Non
c’è problema.”
“Nondimeno,
i nostri esperti hanno trovato molto utile questa esercitazione. Dopo
un’adeguata elaborazione dei dati raccolti, la nostra efficienza
nell’individuare i fiancheggiatori di questi terroristi crescerà
ancora.”
“Ne
sono lieto.”
Holz
passò davanti alla sua auto, che non aveva mai avuto un faro rotto.
Entrò a casa sua, che era esattamente identica a come l’aveva
lasciata. Si sentì un po’ strano, ma sollevò la cornetta e
telefonò al suo amico. Riappese non appena sentì la sua voce. Andò
a prendere dal centro della sua biblioteca un volume in bella vista
su un leggio.
Andò
poi alla finestra.
Dalla
tasca, estrasse la caramella che gli avevano consegnato. La osservò
per qualche secondo, poi la buttò dalla finestra. A quel punto,
buttò dalla finestra anche il volume del Nuovo Codice Unificato.
Poi,
si arrampicò sul davanzale e si gettò nel vuoto.