Angers entrò nella stanza d'albergo che gli era stata segnalata. Sulla
sua strada trovò Marsiglia, come al solito abbastanza goffo nella uniforme nera
dei trooper – come venivano chiamati
gli uomini appartenti alle fiend squad.
Questi rivolse un amabile sorriso al commilitone, un
lampo di denti bianchissimi nella semioscurità della stanza – in parte per
simpatia, in parte per farsi perdonare di non essere nel vano più interno, in
aperta violazione degli ordini ricevuti, e delle più elementari norme di
prudenza. Angers decise di soprassedere. Tanto, fosse anche, qualche casino un
più non faceva nessuna differenza. Proprio nessuna.
Anzi, anche lui si fermò un attimo nel corridoio, sotto lo sguardo attento
dell'altro, il tempo di accendersi una sigaretta, la fiamma dello Zippo che
rischiarava l'ambiente per un attimo soltanto, un leggero tremolio nella mano
che reggeva la cicca. Angers fece per proseguire, poi si fermò ancora. Si
decise a chiedere:
"È lei?"
Marsiglia smise subito di sorridere.
"Ma no, che ti salta in mente? Te lo avremmo detto, cazzo, no? Se ci
fosse stato il sospetto..."
Angers strinse gli occhi, poi annuì, bruscamente. Avrebbe voluto dire a
Marsiglia che dei sospetti a lui non fregava proprio un cazzo di niente, ma del
resto nessuno poteva essere mai del tutto certo... il fatto è che loro
cambiavano, a volte, dopo.
A volte sì e a volte no. Una conoscenza superficiale non sarebbe bastata,
men che meno una squallida foto segnaletica.
Fece un tiro profondo, cercando di controllare la tensione. Cazzo, e dire
che tutti erano convinti che fosse un animale a sangue freddo. Si vede che era
un bravo attore. Ma del resto, se voleva mettere fine a quell'agonia, bastava
fare pochi passi.
Pochi passi e poi l'inferno.
E invece no.
Si trovò di fronte a un tavolo pieno di sporcizia, cibo avanzato,
lattine vuote, posaceneri pieni. Una sedia, quella più vicina alla porta,
vuota. L'altra, occupata da una ragazza sui vent'anni, capelli biondo platino,
pelle bianco latte, occhi pesantemente truccati, e labbra nere. Le mani legate
dietro alla schiena, da manette P–3510, dotazione trooper. Un'altra P–3510 alle caviglie. C'erano tracce di
bruciature, ustioni profonde sul viso e sulle altre parti scoperte della
ragazza, ma nondimeno Angers potè finalmente tirare un sospiro di sollievo.
Non era lei. Nemmeno tenendo conto di un ampio range di mutazione, le differenza di statura, tratti somatici, e
quant'altro erano troppo marcati.
Poi si chiese perchè tutto quel sollievo.
Certo, quella ragazza non era la donna che aveva temuto potesse essere,
ma comunque avrebbe dovuto passare otto ore in quella stanza in sua compagnia.
Si sedette davanti a lei, un po' pesantemente, e subito lei lo mise a
fuoco, osservandolo con gelidi occhi azzurri. Poi di punto in bianco si allungò
in modo che non si sarebbe detto possibile, i lineamenti alterati, le
sopracciglia rigonfie, il naso a pieghe e le zanne lunghe parecchi centimetri
completamente esposte, giungendo a coprire più della metà del tavolo prima che
le catene e manette la riportassero indietro.
Angers non si scompose. Forse dentro di lui l'adrenalina, nel vedere quel
mostro che in pochi istanti era sbocciato da quella che sembrava una ragazza in
stile gothic, scorreva a fiume, ma riuscì a imprimere al suo sguardo persino un
po' di ironia.
"Bel tentativo, bellezza. Ma niente che io e il mio socio non
avessimo già visto."
Lei, mantenendo il volto in quelle sembianze bestiali, spaventose, fece
uscire una lingua lunghissima, rosea e appuntita, e se la passò sulle labbra
ritorte e sulle zanne. Angers cominciò ad avvertire il sottile tanfo che
emanava. Carne cruda in lenta decomposizione. Lei lo capì – intuito? La loro
fottuta telepatia? – e sorrise, un sorriso simile all'aprirsi di un fiore
atroce, poi gli parlò, una voce impossibile, una voce umana filtrata attraverso
tessuti animali. Rimbombò nella stanza d'albergo. Faceva male a sentirla, un
dolore dentro.
"Addirittura due trooper
in una sola notte. Mmm, devo proprio essere una vamp pericolosa. Avanti,
iniziate a chiedermi cosa volete da me. Sono proprio curiosa."
Angers sentì i nervi tendersi sotto la pelle. Non era mai una buona idea
stare troppo vicino a un vampiro. Mai. Ma quella fottuta notte...
"Cosa ti fa credere che vogliamo qualcosa da te... com'è che ti
chiami poi?"
"Frances."
"Quello che è."
Lei sorrise, velenosa, aveva ripreso il suo aspetto umano, ma fu solo un
attimo, il suo vero volto riapparve subito dopo. Bravo Angers. Intanto le aveva
fatto capire che gli interessava sapere il suo nome.
"Avanti, eroe, non mi farai credere che volete tenermi qui senza
motivo. Se volevate terminarmi potevate farlo da molto tempo."
"Non dirglielo, Angers!"
"Stai tranquillo. Tanto è qui, no? Potremmo anche dirglielo: magari
questa fottuta veglia sarà meno noiosa."
Marsiglia scosse il capo, ma raccolse la sua roba e se andò, contento che
il suo turno fosse finito. Lui e Lione avevano catturato la vampira e l'avevano
portata lì, ma quella era stata la parte facile: trovarsi da solo con
quell'essere, che lo guardava fisso con quei occhi da squalo... ma adesso
toccava a Angers. E lui era uno da servizio attivo, non un addetto alle
comunicazioni.
"Ma bene." Frances fece riapparire quel suo ghigno. "Siamo
rimasti soli. Comincio io a spogliarmi o lo facciamo insieme?"
"Piantala."
"Giusto. Prima il dovere poi il piacere. Allora, cos'è questa
merda?"
"Questa merda è la tua pena capitale."
"Io sono immortale."
"Non con un cacciatore di vampiri come Slade sulle tue tracce."
"Siete voi i cacciatori di vampiri. Slade è solo un pazzo
fanatico."
"Pensavo fossimo noi i pazzi fanatici."
Frances ebbe uno scatto simile a quello di prima, poi urlò:
"No, voi siete solo dei bastardi assassini che si divertono ad
ammazzarci! Maledetti! Maledetti! Almeno Slade è comprensibile nelle sue
motivazioni!"
Angers sentì qualcosa cedere dentro di lui, di fronte a quell'odio, si
costrinse a rimanere impassibile.
"La stessa cosa si può dire di voi, no? Dei bastardi assassini che
si divertono ad ammazzarci."
Frances rimase immobile. Sembrava quasi sorpresa. Poi scoppiò a ridere di
gusto, il suono di un vetro che si sbriciola lentamente.
"Ma certo! E allora posso sempre odiare Slade più di voi, no? Ditemi
cosa devo fare!"
"Ma niente. Diciamo che tu sei una specie di esca. Uno così bravo
non possiamo mica lasciarcelo scappare, no?"
Era cominciato tutto tempo prima.
In fondo, prima o poi doveva anche succedere.
Era inevitabile.
Fottutamente inevitabile.
Nella metropoli perduta, cloaca massima dell'asse del mondo, terra di
nessuno contesa tra i trooper e i
vampiri, era apparsa la mutazione terminale.
Un dampyr.
Il cacciatore di vampiri definitivo. Un essere invulnerabile alla luce
che se ne andava in giro animato da un odio fanatico verso quelli della sua
stessa specie.
Ogni notte una nuova caccia.
E ogni mattina vedeva nuove burnt
offerings al Sole consistenti nei resti carbonizzati dei vampiri che lo
avevano incontrato. Impalati con punte in frassino montate su frecce per
balestra a guida telemetrica, bruciati dalle pallottole d'argento, ustionati
dal laser. Una vertigine di distruzione sempre più tecnologicamente avanzata,
sempre più progredita.
Forse troppo progredita, troppo tecnologicamente avanzata. Roba che i
fucili automatici dei trooper sembravano
roba della prima guerra globale.
E il popolino, coloro che conducevano la loro miseribile esistenza negli
sterminati slums dell'ultima metropoli, coloro che ogni notte pagavano il loro
ineluttabile tributo di sangue ai signori del buio, cominciavano a idolatrare
questo dampyr.
Impossibile per i trooper restare
fuori dal gioco. Difficile stare semplicemente a guardare. Del resto sarebbe
stato molto utile per il potere che loro rappresentavano piegarlo ai propri scopi. Pericoloso invece,
lasciarlo là fuori, ad agire come una sheggia impazzita.
Troppo pericoloso.
"No, uno così non riuscirete mai a prenderlo."
"Tu invece ci sei quasi riuscita."
La vampira annuì. E basta.
"Potresti sempre raccontarmi come è andata."
"Non serve. Voi e il vostro servizio di informazioni sapete già
tutto."
Stavolta toccò a Angers annuire. Non che non fosse altro che l'ovvio.
"Però potresti sempre raccontarmelo tu."
"E perchè?"
"Dai, liberami le mani e lasciami fumare una sigaretta mentre la tua
giovane voce mi racconta le mie gesta. Pensa, da trooper a biografo di una vampira, tutto in una sola notte."
Violazione n. 145 per Angers, ma in qualche modo la vampira aveva messo
giù le cose in un modo piuttosto charming. Angers si strinse nelle spalle, si
alzò, le liberò le mani, senza prendersi la briga di fare un passo indietro.
Frances lo guardò.
"Un coraggioso."
"Il coraggio ha tante facce. E anche tante fonti." Le disse lui
in un sibilo, avvicinando verso di lei il pacchetto di Marlboro e lo Zippo.
Frances si accese la sigaretta con un movimento così veloce che l'occhio umano
non sarebbe mai stato in grado di seguirlo.
"Bel giochetto. Adoro quando fate così."
"Preferisco quando riesco a uccidere avvicinandomi lentamente a una
preda che non riesce a scappare. Mi diverte vedere il terrore negli occhi di
voi umani mentre vi rendete conto di stare per essere uccisi."
"Non è poi molto diverso dal vostro sguardo di terrore quando sorge
il Sole e voi siete allo scoperto..."
Lei fece un gesto vago con la mano, un pezzo di carne gelida e bianca che
ondeggiava nella tenebra.
"Allora, questo racconto."
Angers si accese una sigaretta con il mozzicone della precedente.
"Frances e basta, nata chissà quando, vampirizzata chissà dove e
chissà da chi. Che te ne pare delle nostre fonti di informazioni?"
Non attese la sua risposta, ma proseguì.
"Un anno fa appare Slade sulla scena della città dei mostri.
Massacra un po' qua e un po' là, riesce a fottere un paio di grandi master,
vampiri con le palle.
Poi a un certo punto fa incazzare la grande Frances. Te ne ha fatto
fuori troppi dei tuoi? Oppure uno solo ma quello giusto?"
Frances ringhiò, una belva ferita che viene disturbata, gli occhi dei
lampi al laser. Angers semplicemente ignorò.
"Comincia una guerra tra la nostra Frances e il grande Slade. Noi trooper che andiamo in giro a
raccogliere i pezzi di quelli che finiscono sotto il fuoco – o sotto le zanne.
Uomini, vampiri, ghoul. A decine, a centinaia. Ma niente dampyr. Niente Slade
sotto il fuoco o sotto le zanne di Frances. Ma sei riuscita a fottere qualcuno
di molto vicino a lui, non è vero? E magari non è che hai sbagliato bersaglio.
Lo hai fatto apposta. Fate sempre così."
Fu Angers a finire la frase in un sibilo distorto.
"Tutta questa rabbia, questo odio. Scorre nelle tue vene insieme al
tuo sangue. Sarebbe così dolce senza... lo posso annusare da qui." Annusò
l'aria, le narici dilatate nel volto bestiale, con ostentazione.
"Non difficile per noi umani odiare i vampiri, no?"
"No. Di solito ci odiate ma ne siete anche attratti. Dolce e amaro,
paura e dannazione, volete scappare ma volete anche diventare come noi."
"Fanculo. Dei succhiasangue..."
"Certo, ma dei succhiasangue immortali. Lo sai quanti anni ho, io,
ad esempio?"
Angers sapeva, glielo avevano insegnato, che è meglio non sapere l'età di
un vampiro. La cognizione del tempo per un essere umano è concreta solo in un
range molto limitato. Oltre un certo numero di anni diventa un concetto
astratto, utile solo se messo in relazione con altri numeri. Ma sapere tutto
d'un colpo che qualcuno davanti ha visto eventi storici, che viene da un punto
imprecisato ma improvvisamente concreto della notte dei tempi è un'esperienza
estraniante, potenzialmente molto pericolosa. Angers, forse, si disse che il
pericolo era attenuato dal fatto che come Frances era un'esca per il dampyr,
anche quest'ultima forse sperava che Slade si presentasse. Forse lui era solo
una comparsa tra i due primi attori.
Ma forse era già sotto l'influsso della personalità magnetica della
master.
"No." Disse, con la voce un po' malferma.
"Sono nata all'incirca verso la metà del diciottesimo secolo. Sempre
se questa cosa ha un senso per te."
Erano secoli: un varco temporale di immani proporzioni si era aperto
nella cognizione del tempo di Angers. Vertigine... e Frances si accorse della
sua debolezza e proseguì, da un'altra angolazione stavolta.
"Ed è questo il punto. Tu non subisci questo fascino
dell'immortalità. Per questo il tuo odio è così puro, non è contaminato da
quell'attrazione che fa sì che voi esseri umani siate attirati dalla nostra
luce oscura come falene verso la luce dei lampioni. E quindi io ti chiedo: che
cosa ti è successo? Sei già stufo di vivere?"
"Vivere è un concetto fortemente sopravvalutato."
"Ah, beh, ma allora non c'è che una soluzione. Il miglior painkiller che ci sia..."
La voce della vampira era un sibilo, ma stranamente nelle orecchie di Angers
non era più odioso, non era più velenoso, ma era stranamente convincente. Angers
si alzò dirigendosi verso di lei. All'improvviso le sue fattezze, lineamenti
bestiali congelati in un espressione unica di odio beffardo, cute, muscoli e
tessuti connettivi cristallizzati in un ringhio silenzioso, non erano poi così
detestabili. Persino il suo odore, carne macellata, sangue marcio, pelle gelida
e viscida, sembrava solo il frutto di un'impressione, qualcosa dettato dalla
psiche.
Forse Angers sarebbe caduto allora, ma proprio in quel momento la luce
della stanza, già fioca, si spense del tutto, un'ombra misteriosa, fuori, passò
davanti alla finestra oscurando la Luna, e Frances si mise a gridare:
"È lui! Liberami, bastardo! Non ho speranze altrimenti!"
Un dampyr dunque è ciò che nasce dall'accoppiamento tra un vampiro – il
simbolo delle sessualità deviata, deviata a livello cosmico – e una donna
umana. Prima o poi, con i vampiri che si stavano diffondendo in tutto il mondo,
o per lo meno in quello che ne rimaneva, doveva succedere.
Solo che avere un dampyr in giro è una faccenda grossa.
Forse troppo grossa.
Solo che i trooper non erano
mai riusciti a entrare in contatto con lui. Con i loro capi che continuavano a
bramare di avere un dampyr nella struttura del potere, l'unica idea che poteva
funzionare era regalargli su un piatto d'argento la sua avversaria del momento.
Frances.
Angers a quel punto si sentì quasi risvegliato da un incubo. Raggiunse il
quadro elettrico, ripristinando l'erogazione della corrente, poi si girò per
puntare la pistola contro la vampira, che ne frattempo si era lasciata cadere a
terra nella speranza di liberarsi. Le tirò un calcio con l'anfibio:
"Zitta, troia. Ho detto che tu sei la mia esca per attirare qui
Slade e se devi restarci secca questo è l'ultimo dei miei problemi."
Frances si slanciò ancora verso di lui, a un millimetro dalla sua gambe,
le labbra ritorte a scoprire le gengive nere, bava giallastra sulle zanne,
riempiendo la stanza dei suoi ruggiti, ma ancora una volta fu costretta
indietro dalle P–3510. Un fottuto affare che funziona.
Poi riprese il suo aspetto umano, costringendosi a calmarsi. Angers ne fu
quasi colpito.
"Avanti, soldato, aiutami almeno a rimettermi verticale. Se proprio
devo affrontare il dampyr da legata almeno che possa farlo con piena
dignità."
Angers non disse di no. Andò prima a controllare fuori dalla finestra –
era stato Marsiglia a lasciare la maniglia leggermente piegata verso destra? – poi
tornò per fare quello che Frances gli aveva chiesto, stavolto pronto però a
rintuzzare un possibile attacco.
Non ce ne furono. Evidentemente Frances era convinta di poterlo
ipnotizzare ancora.
Cazzo, del resto c'era quasi riuscita una volta!
Lei si accese un'altra sigaretta, sempre con quella velocità disumana.
"Sei nervosa."
"Come hai detto tu, vivere è un concetto fortemente
sopravvalutato."
"Ma non mi dire. Detto da una vampira, è veramente una frase
altamente significativa. Voi che siete immortali, che stravolgete le regole
della natura... si vede che crepare vi faceva proprio una paura fottuta."
"Se disprezzi tanto vivere non hai che da dirlo, giovane. C'è qua
qualcuno che è più che pronto a strapparti la tua miserabile esistenza."
"Vedo che hai cambiato tattica."
Frances ignorò. Ricominciò a parlare, anche se con un tono di voce più
raschiante, più teso. Però mantenendo una certa freddezza, una certa
precisione.
"Comunque sei ingiusto. Per forza che io sono attaccata alla vita.
Soltanto ieri io mi stavo godendo i tributi di sangue dei miei vassalli.
Soltanto ieri mi stavo commuovendo, come tutte le notti da centinaia di anni,
di fronte alla maestà della notte. E tu? Fammi indovinare: le solite miserie
della vita umana, la paura di vivere e la paura di morire, alzarsi agli ordini
dei tuoi capi, immergersi in un mondo tetro, solo come un cane, se non per la
compagnia di altri trooper, degli
stupidi selvaggi, in fondo... non è così?"
"Magari sono anch'io uno stupido selvaggio."
Frances lo guardò dritto negli occhi – uno sguardo come una lama
d'acciaio mantenuto per secoli in un ghiacciaio spaziale. Angers sentì un
brivido eterno risalirgli lungo la spina dorsale, una vertebra ogni era – poi
scosse la testa. Strano, un gesto così prosaico. Così umano. Fuori luogo, fatto
da lei.
"No, quel dolore che vedo dentro di te, che detta ogni tua azione,
ogni tua parola... c'è qualcosa di sofisticato, di troppo evoluto forse, che lo
tiene in vita. Una sensibilità troppo sviluppata, direi. Oh, povero Angers..."
Angers fece uno scatto involontario a sentire il suo nome, e soltanto allora si
accorse che aveva annuito, col capo, a ogni singola parola di lei.
"...che sofferenza deve essere per te questa vita... ma che cos'è
che ti costringe a torturarti così, un giorno dopo l'altro, una notte dopo
l'altra? Io proprio non ti capisco..."
"Tu non puoi togliermi questa sofferenza."
"Oh, sì, potrei. Devi solo lasciarti andare. Chiudere gli occhi e
lasciarti andare..."
La voce di lei era diventata carezzevole. La voce di un'amante. La mano
di Angers scattò sul pulsante del comando della P–3510, rilasciando la vampira.
Libera di scappare.
Libera di ucciderlo.
Lei si erse in tutta la sua statura. Fece scattare la sua mano verso il
pacchetto di sigarette, con la consueta velocità.
Ma qualcuno riuscì ad afferrarlo il polso, scaraventandola poi sul
pavimento e inchiodandocela con uno stivale borchiato.
"L'ho sempre detto che voi trooper
siete solo dei dilettanti."
Angers si sedette più comodamente sulla sedia, osservando con un certo
distacco il nuovo venuto. Non era molto colpito, per essere il suo primo
dampyr.
"Era da un bel po' che stavo aspettando che lei riuscisse a
farlo..."
"A fare cosa?"
"A fotterti. Ma non vi insegnano a resistere ai poteri psichici di
un vampiro, prima di spedirvi in giro in uniformi di fantasia a massacrare
senza un minimo di strategia?"
"Whatever. Intanto,
finalmente, sono riuscito a vedere questo leggendario dampyr. Hai dovuto
sgambettare parecchio in quest'ultimo periodo, a quanto pare. Ad ogni modo i
miei ordini sono di portarti alla centrale dei trooper. I miei capi hanno urgente bisogno di parlarti. Argomento?
Sempre il solito: vampiri e affini."
"Niente da fare. Io lavoro da solo. Però devo ringraziarvi per
avermi consegnato questa puttana."
Sollevò una balestra realizzata in acciaio e titanio, freccia in frassino
con corpo in acciaio giapponese, guida telemetrica al laser, del tutto
superflua visto che il bersaglio si trovava a meno di un metro. Frances si
contorse tutta, ma per la prima volta, forse, nella sua intera non vita era
paralizzata dal terrore.
"Ah, Slade, c'è ancora una cosa," disse Angers, casualmente.
"Dimmi."
"Non ci piacciono quelli che vanno in giro armati fino ai denti ad
ammazzare i vampiri, se non stanno ufficialmente dalla nostra parte. Secondo
certi altri dei nostri capi rovina la visione che il popolo ha dei trooper. Finisce che perdono il
rispetto, se dobbiamo vedercela con uno come te troppo spesso."
Slade fece una faccia sdegnata.
"E allora? Io faccio quello per cui sono nato: cacciare
vampiri!"
Angers si alzò in piedi, rovesciando la sedia, puntando verso il dampyr
una Colt 45, proiettili esplosivi. Dotazione trooper, manco a dirlo.
"No, quella è la nostra specialità. Tu sei solo di intralcio."
Slade cercò di puntare la balestra su Angers, ma questi premette il
grilletto prima, molto prima che il dampyr riuscisse ad agganciarlo con quella
famosa guida telemetrica. Metà del torace del dampyr esplose, una fontana di
sangue alta fino al soffitto.
Angers puntò la pistola verso Frances. Difesa, non attacco.
"Tu puoi andartene, in base ai miei ordini. Vattene, prima che
decida di violare il protocollo."
Frances si alzò lentamente, voluttuosamente, strisce purpuree che la
ornavano come fossero stati gioielli.
"Suppongo che devo ringraziarti."
"Supponi male. L'unica cosa che devi è sparire."
"Va bene, va bene."
Attraversò a passi cadenzati la stanza, senza badare alla grossa pistola
che era ancora puntata verso di lei.
"Certo che è imperscrutabile, questa ragione di stato... io, una
master, che può andarsene libera e sicura, e lui, un dampyr, sparato in pieno
petto... chissà come mai."
"Imperscrutabile, l'hai detto."
"Potrei sempre raccontarlo in giro."
"Assieme a mille altre versioni discordanti."
"Già, immagino di sì."
Se ne andò, ma non resistette a lanciare l'ultima provocazione:
"E per quel tuo dolore... ricorda, a tutto c'è rimedio. E io ne
avrei uno pronto per te..." Scoprì le zanne, in una risata sarcastica:
artigli che graffiano il metallo.
Angers la guardò, distante, immoto.
"Ci sono mille modi. Non voglio essere ucciso proprio da una di
voi."
Lei si strinse nelle spalle.
"O magari non da me. Forse c'è qualcuno, qualcuna di noi, che vorresti
ti uccidesse.
Beh, ma questi allora non sono più affari miei. Buonanotte, tesoro."
Angers strinse più forte la Colt, a quello che suonava come un insulto.
Si costrinse tuttavia ad abbassarla, mentre lei spariva nelle tenebre del
pianerottolo.
[1] Questo breve racconto rappresenta molte cose. Innanzitutto si tratta di una
sorta di introduzione per un ciclo di avventure che avrebbe dovuto avere come
protagonista un’agenzia di cacciatori di vampiri e affini, in una società dove
i vampiri erano sostanzialmente una minoranza ben poco tollerata ma comunque
prevista a livello legislativo. L’agenzia, dalla caratteristica di essere
altamente militarizzata, era dal punto di vista organizzativo divisa in squadre
di tre uomini, designati da dei nomi in codice, prevalentamente presi da luoghi
geografici. C’era poi una catena di comando che ai suoi vertici sfumava con il
Governo in carica, quindi con un’agenda occulta che poteva essere a favore come
a sfavore degli uomini delle fiend squad,
le suddette squadre da tre uomini. Quanto ai vampiri, essi vengono visti
sostanzialmente come una minoranza religiosa, una setta millenarista che fa
della propaganda e del plagio i metodi di reclutamento. E i master, ovviamente,
sono i capi della setta, anch’essi comunque con dei legami con le massime
autorità.
Il protagonista assoluto comunque è Angers, il più alto in grado di una
delle fiend squad, arruolatasi però
solo per spirito di vendetta, visto che ha visto sua moglie diventare una
vampira per colpa di un master particolarmente carismatico. Per questo, poco
gradisce l’attitudine dell’agenzia di comportarsi più come una forza di polizia
che non come un’organizzazione militare a tutti gli effetti. Deve vedersela tra
l’altro con Lione e Radeon, suoi compagni di squadra arruolati a forza e poco
propensi alla vita disciplinata dell’agenzia.
Purtroppo, l’intero progetto però si è scontrato con una serie di
difficoltà notevoli, concernenti la difficoltà di tracciare tutto quanto in un
quadro coerente. Inoltre, troppi forse erano i rimandi a opere pregresse.
Rimangono comunque alcuni racconti brevi; e qui arrivo al secondo punto. Angers – Burnt offerings rappresenta
infatti il mio personale omaggio da una parte a un grandissimo
autore della narrativa italiana contemporanea, ovvero Alan D. Altieri, a cui ho
rubato stile e linguaggio, e dall’altra a un personaggio tipico quando si parla
di vampiri, ovvero Blade, co-protagonista d’eccezione di questo scritto, seppure con il nome leggermente cambiato. Di
più, ci sono tutta un’altra serie di suggestioni sul tema.
E, per quanto è mia intenzione aggiungere altre istantanee prese dal
mondo di Angers e co., tale scritto, lo ribadisco, va preso per quello che è:
un tributo a questi due giganti, senza troppe pretese di originalità.
A meno che una volta o l’altra non scatti l’intuizione giusta, e non
prosegua su questo filone in un quadro più articolato…